Restrizione dei carboidrati: amica o nemica della performance sportiva?

restrizione dei carboidrati

Febbraio 7, 2021

Un argomento particolarmente dibattuto e che spesso torna alla ribalta riguarda i regimi dietetici “low carb”. O meglio restrizione dei carboidrati, e la loro indicazione o meno in ambito sportivo.

I carboidrati forniscono un combustibile chiave per il sistema nervoso centrale e rappresentano, inoltre, un substrato versatile per il lavoro muscolare. Questo può supportare esercizi di diversa intensità, sia attraverso processi anaerobici che ossidativi.

Le riserve di carboidrati

L’organismo possiede delle riserve di carboidrati (sotto forma di glicogeno) che sono relativamente limitate e possono essere fortemente modificate con l’assunzione di alimenti o anche con singole sessioni di allenamento.

Inoltre, vi sono prove significative del fatto che le prestazioni atletiche legate ad attività prolungate (sport di endurance) o intermittenti ad alta intensità, sono potenziate da strategie alimentari che mantengono un’elevata disponibilità di carboidrati. Al contrario, l’esaurimento dei depositi di glicogeno è associato alla comparsa di affaticamento, aumento nella percezione dello sforzo, con conseguente riduzione nell’efficienza, abilità e concentrazione durante le sessioni di lavoro o addirittura durante un evento.

Ciò che gli studi espongono

In uno studio* recente sono state messe a confronto diete a basso contenuto di carboidrati e alto contenuto di grassi (LCHF), con diete ricche in carboidrati (“costante” o “periodizzato”: HCHO e PCHO, rispettivamente) in atleti di endurance. Tutti i gruppi di corridori hanno migliorato la loro capacità aerobica del 3-7% seguendo un programma di allenamento intensificato, indipendentemente dall’intervento dietetico. Nonostante questo, e nonostante la loro maggiore capacità di ossidare il grasso durante l’esercizio fisico ad alta intensità, gli atleti sottoposti ad una dieta LCHF non sono riusciti ad ottenere miglioramenti delle prestazioni nei 10 km di gara, raggiunti invece dai gruppi HCHO e PCHO. Questo è un risultato cruciale ed i meccanismi alla base di tale condizione (di “non miglioramento” prestazionale) meritano un ulteriore approfondimento e discussione.

Altri fattori potrebbero aver contribuito al fallimento del gruppo LCHF nel migliorare le prestazioni in gara, come l’aumento dello sforzo percepito durante l’esercizio o gli effetti della ridotta qualità delle singole sedute di allenamento.

Quindi, sostanzialmente la ridotta disponibilità di carboidrati può favorire alcuni adattamenti metabolici in fase di  l’allenamento: l’adattamento cronico a una dieta LCHF migliorerebbe l’ossidazione dei grassi  ma il prezzo pagato per tale conservazione di CHO durante l’esercizio sembra essere una limitazione all’intensità che può essere raggiunta prima che l’organismo arrivi ad aver bisogno di utilizzare grassi (i carboidrati restano e devono restare comunque il substrato preferenziale).  Inoltre sembra compromettere l’intensità e la durata dell’allenamento stesso.

Restrizione dei carboidrati: I risultati sui miglioramenti nella performance finale pertanto non sembrano più vantaggiosi.

Quando si lavora ad intensità più elevate, il carboidrato offre vantaggi rispetto al grasso come substrato poiché fornisce una maggiore resa energetica per volume di ossigeno “consumato”, migliorando così la capacità aerobica sotto esercizio fisico.

Negli sport come corsa, ciclismo, nuoto, l’economia e l’efficienza con cui una molecola viene trasformata in energia e successivamente in forza e movimento è un fattore determinante per le prestazioni.

In conclusione, l’adattamento cronico a una dieta a basso contenuto di CHO e ad alto contenuto di grassi, nonostante abbia portato a un aumento sostanziale della capacità di ossidazione dei grassi durante un esercizio fisico intenso, ha però compromesso l’economia (metabolica ed energetica) dell’esercizio e annullato la capacità aerobica guadagnata con l’allenamento. Al contrario, l’esercizio sostenuto da una dieta ricca di carboidrati è risultato associato a migliori risultati in gara.

Per quanto riguarda invece gli atleti di potenza e forza fisica, ci si  concentra il più delle volte sull’ingestione di sole proteine, con molta meno attenzione ai carboidrati, spesso demonizzati e totalmente eliminati dalla dieta. Anche in tale ambito i carboidrati hanno un ruolo non di certo marginale, soprattutto se l’obiettivo è la crescita muscolare.

Per due ragioni:

  1. Una buona disponibilità di carboidrati riduce il catabolismo proteico (e la degradazione muscolare) a scopo energetico durante e dopo l’attività
  2. La secrezione insulinica stimolata dall’assunzione di carboidrati infatti contribuisce alla spinta anabolica, alla sintesi proteica muscolare. La co-ingestione di proteine e carboidrati durante il periodo di recupero comporta, infatti, un miglioramento del saldo proteico netto post-esercizio.

I risultati di diversi studi suggeriscono quindi che, sebbene una grave restrizione dei carboidrati non possa compromettere gli adattamenti alla forza durante un programma di allenamento, consumare una quantità adeguata di carboidrati può aumentare la forza massima, la resistenza e favorire la crescita muscolare.

Diana Severgnini – Dietista

*Burke, L. M., Ross, M. L., Garvican‐Lewis, L. A., Welvaert, M., Heikura, I. A., Forbes, S. G., … & Hawley, J. A. (2017). Low carbohydrate, high fat diet impairs exercise economy and negates the performance benefit from intensified training in elite race. walkers. The Journal of Physiology, 595(9), 2785-2807.

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