FEELING BLUE (IL VALORE DELLA TRISTEZZA NELLA NOSTRA VITA)

feeling blue

Dicembre 7, 2020

Feeling Blue (sentirsi triste) è il termine utilizzato dagli inglesi per esprimere tristezza. Questa espressione è molto nota ed utilizzata da chi si sente depresso, triste o giù di corda ma spesso senza sapere dare una ragione precisa per il proprio stato d‘animo.

“Le lacrime sono il ghiaccio che si scioglie nell’anima”
Hermann Hesse

Se chiudiamo gli occhi e pensiamo all’emozione della tristezza, quale colore ci viene in mente?
Gli inglesi hanno già la risposta: la tristezza è blu.

Feeling blue (sentirsi triste) è un modo di dire nato negli Stati Uniti nel XIX secolo ma già nel XIV secolo la parola blue era associata a tristezza o melancolia, per via del colorito bluastro delle persone con il sangue poco ossigenato oppure sofferenti per il freddo.
Esiste anche un genere musicale, il blues, che ha origine dai canti degli schiavi afroamericani e che, ascoltandolo, lascia una sensazione di malinconia e tristezza (blue note, in italiano: nota stonata).

Nel film animato Inside Out (Pixar, 2015), dove i protagonisti sono proprio le emozioni, il personaggio Tristezza non a caso ha la forma di una goccia (lacrima), ha il colorito azzurro e i capelli blu. Gioia invece, il suo opposto, ha le sembianze di una stella. Eppure, sebbene sia gialla, Gioia ha i capelli blu ed è avvolta da un’aura blu, come a voler sottolineare il suo legame con Tristezza. Gioia e tristezza sono legati assieme.

Cos’è la tristezza

Solitamente non si ama molto quest’emozione perché porta con sé uno stato di malessere. Chi è triste è riconoscibile dall’aspetto: ha una postura ricurva, spalle cadenti, passo lento, la mimica facciale assume tratti caratteristici, fronte corrugata, labbra piegate e sguardo perso nel vuoto.
“Feeling Blue – Tristezza” è il nome dell’emozione caratterizzata da mancanza di sorriso e sguardo spento. Ci sentiamo tristi a seguito di un evento o situazione particolare, ad esempio perché uno dei nostri bisogni fondamentali non è stato soddisfatto. Possiamo sentirci tristi se i nostri amici non ci invitano ad una festa (bisogno di appartenenza), oppure se qualcuno ci offende (bisogno di sentirci rispettati) o ci ignora (bisogno di riconoscimento). La tristezza si può sperimentare a seguito di una perdita o di eventi sfortunati, rispetto ai quali ci sentiamo impotenti e non riusciamo a individuare nessuna possibile soluzione.

La tristezza e le sue sorelle

Feeling Blue o Tristezza, come tutte le altre emozioni, può essere vissuta con diversi gradi di intensità. Possiamo quindi dire che ci sentiamo “tristi” (livello intermedio di intensità), “giù di corda” (livello minimo), fino ad essere “infelici” o “disperati” (livello alto).

La tristezza può essere un “dispiacere” se abbiamo fatto qualcosa che ha fatto stare male l’altro oppure se l’altro ha fatto o detto qualcosa che ci ha ferito. La “delusione” arriva a seguito di un’aspettativa mancata su qualcuno o su se stessi.
La tristezza è “nostalgia” quando proviamo rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere. Se invece stiamo male per qualcosa ma non sappiamo il perché, è probabile che si tratti di “malinconia”.

La “sfiducia” invece arriva quando crediamo di non potercela fare con le nostre capacità o con l’aiuto di qualcuno. Ci possiamo sentire anche “a pezzi” quando percepiamo dentro di noi di non avere energie a disposizione. Spesso proviamo tristezza quando abbiamo la sensazione di non essere capaci di fare qualcosa. Questa emozione può nascondere in sé un giudizio rivolto a noi stessi come persone, con il rischio di minare la propria autostima.

Molto spesso una persona visibilmente triste viene definita come “depressa”. Si tratta di un errore perché la depressione è una patologia vera e propria non associabile ad una situazione particolare, ma che permane a causa della patologia in corso. Dalla depressione non si esce con un atto di volontà, ma tramite psicoterapia e/o terapia farmacologica.

A cosa serve la tristezza?

A livello evolutivo, la tristezza è un segnale di disagio, di sofferenza che richiama negli altri vicinanza, aiuto, conforto, sostegno.
Ma è soprattutto un segnale rivolto a noi stessi, al nostro mondo interno. Sopraggiunge come qualsiasi altra emozione per dirci qualcosa. Il messaggio che vuole trasmetterci è che:

  • occorre fermarsi,
  • capire cosa o chi abbiamo perso,
  • piangere tutte le lacrime necessarie.

Anche se la tristezza viene erroneamente considerata un emozione spiacevole e quindi qualcosa da evitare, è in realtà necessaria alla stregua di tutte le altre emozioni.
Ci sembra che la tristezza non debba esserci, riusciamo a tollerarla sempre meno, ne abbiamo paura. Eppure, il benessere e l’equilibrio psicofisico possono nascere solo dalla corretta interazione tra le emozioni, accogliendo anche la tristezza. In questo modo impariamo a gestire i momenti difficili senza cadere nell’ansia o nella paura di perdere il controllo. Accettare le emozioni significa comprendere che tutte hanno un ruolo e un senso nella nostra mente.

Come uscire dalla tristezza?

Fermarsi, fare i conti con la tristezza stessa, con il dolore che proviamo, ammetterlo a noi stessi è il primo passo.
Occorre dare spazio ai lati creativi del cervello, che sono silenziosi. Il silenzio produce poteri e saperi che la mente che parla non può produrre. Quando abbiamo un disagio interiore, occorre percepire i propri stati interiori, chiudere gli occhi, sentire il vuoto, fare silenzio, aspettare.
Anche piangere è terapeutico. Le lacrime, che sono figlie sia di Gioia che di Tristezza, hanno la capacità di farci sentire sollevati aiutandoci a sfiatare la pressione interna.
Parlarne con qualcuno di fidato può aiutare a dare confini alla tristezza e a fare chiarezza tra grovigli di pensieri, sensazioni ed emozioni.

Tuttavia se ci accorgiamo di non farcela da soli possiamo chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta, che saprà guardare alla sofferenza con occhio clinico, in ottica evolutiva e trovare insieme una comprensione nuova, un punto di svolta.

All’Officina del Corpo puoi trovare l’aiuto di cui hai bisogno.

Silvia Semprini-Psicoterapeuta e Mental Coach

Silvia Semprini-Psicoterapeuta

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